Ducati 550 Supermono – Chi ha avuto la fortuna di assistere alle gare di Superbike e Supersport degli anni 90′ leggendo il titolo di questo post ha già capito dove voglio arrivare…ma andiamo per gradi….
In quegli anni i campionati Superbike e Supersport gestiti dal lungimirante Maurizio Flammini stavano avendo una crescita di interesse e di pubblico strepitosa, la Ducati stava stravincendo con la sua nuova e meravigliosa 916, lo sguardo glaciale di Fogarty conquistava i tifosi mentre un Aaron Slight con una cresta “punk rock” era intento a domare i quasi 200 cv della sua castrol Honda RC45.
La lotta tra i titanici costruttori giapponesi e la “rustica” rossa di Borgo Panigale ci faceva sognare ma intanto come gara di contorno ai campionati “maggiori” c’era l’interessantissimo campionato Supermono, una competizione in cui il regolamento imponeva che le moto fossero delle monocilindriche e con un limite di 800 cc.
Era un campionato, in linea di principio, non oneroso per i costruttori, tanto che molti poterono correre inserendo in un telaio da 250 2t dei mono di derivazione BMW-Rotax, oppure propulsori Yamaha da enduro, Husqvarna oppure Honda (come ad esempio il team Rumi, team derivato dalla grande casa costruttrice bergamasca). Non mancavano la talentuosa giapponese Over con telaio a traliccio d’alluminio oppure la competitiva Bimota sempre con motore monocilindrico di derivazione BMW.
Ducati non si lasciò sfuggire l’occasione e produsse una moto tutta sua che fece subito innamorare gli appassionati, era un mono non esagerato come cilindrata ma di notevole cavalleria per la cilindrata: il 550 cc produceva la bellezza di 75 CV a 10.000 giri/min. ma quello che erano i suoi fiori all’occhiello erano il fatto di avere la distribuzione desmodromica e la quasi totale assenza di vibrazioni.
Il sistema “Desmo” non soffrendo di una fisiologica tendenza allo sfarfallamento, tipico della molla, permetteva di far muovere le valvole ininterrottamente a regimi altissimi e questo si traduceva in una possibilità di tenere aperto il gas a lungo senza eccessivi tentennamenti del motore.
Il secondo punto forte era la quasi totale assenza di vibrazioni, che a certi regimi e su mezzi così leggeri come quelli da corsa possono causare, oltre a fastidi al pilota, svitamenti, dispersioni di potenza e guasti. In Ducati si erano inventati un bel trucco: il cosiddetto “batacchio”
Il motore era più o meno la metà di quello della 888 ma al posto della biella originale del cilindro verticale c’era una biella un po’ più corta che ruotava imperniata ad su sostegno fisso. Ciò permetteva, intelligentemente, lo smorzamento delle vibrazioni all’interno del motore stesso.
La Ducati Supermono era costruita per avere un rapporto peso/potenza da primato, grazie al carbonio per i supporti di sella e pedane e a parti in titanio a profusione la moto aveva un peso misurato a secco di soli 118kg.
I team che correvano nel variegato campionato italiano ed europeo (nominato anche, Sound of Single) erano sempre più attratti dalla vincente Ducati ed iniziarono ad ordinarne sempre più. La moto di Borgo Panigale era tutt’altro che economica e fece sì che il principio fondante di economicità del campionato andò pian piano svanendo.
Nonostante questo le gare erano spettacolari e combattute e Ducati conquistò nel 1993 con Lucchiari il Campionato Italiano, Europeo e Svizzero Monobike.
Chi ricorda il suono dei singles in pista, vorrebbe come me che Ducati riprendesse a costruire quelle moto belle e manegevoli, che non hanno purtroppo mai avuto una versione “replica” stradale.
La linea della Ducati Supermono era disegnata da Pierre Terblanche, e nonostante ritenga che egli abbia disegnato delle Ducati non piacevoli esteticamente, la 550 sfugge a questa regola, è filante ed accattivante, insomma era perfetta come moto di serie, pensate che all’epoca esisteva un richiestissimo kit estetico per Ducati 900 ss, made in Holland, che replicava perfettamente le carenature della mitica Supermono.
Nonostante sia una moto desiderabile tutt’oggi le logiche aziendali sembrano completamente opposte, alemno per ora, al ritorno in produzione di una moto del genere, gli unici a poter godersi questa Ducati sono fortunati i possessori delle poche versioni race prodotte (solo 65 unità) mentre agli altri appassionati non resta che vederla al sempre suggestivo museo storico Ducati.