Moto Guzzi Ercole Sfiltadura

Guzzi Club “I Amig dla Sfitladoura”: Un Ercole, un’affettatrice e tanta passione

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Il Guzzi Club “I Amig dla Sfitladoura” – Un gruppo di amici di San Pietro in Casale (Bologna), appassionati delle mitiche moto di Mandello del Lario, le Guzzi, fondano nel 1997 un Guzzi Club: I Amig dla Sfitladoura. Dopo un anno decidono di restaurare, quello che sarebbe diventato il loro simbolo che racchiude magicamente quello che è lo spirito del club, un motocarro Moto Guzzi, modello Ercole, del 1967 ed adibirlo a cucina viaggiante, con tanto di affettatrice.

In questi anni il club è cresciuto passando dai 5 soci/amici iniziali agli oltre 230 del 2013. In tutto finora hanno partecipato ad oltre 200 manifestazioni percorrendo quasi 75.000 Km in 5 paesi europei diventando sempre un punto di riferimento, anche culinario. La prima avventura nel 1998 – Gross Glockner, Austria; nel 1999 – Benesov (Praga); nel 2000 – Gomadingen (Stoccarda); oltre alla presenza ai principali motoraduni Moto Guzzi e non, sfornando piatti su piatti, annaffiati da buon lambrusco, per i soci al seguito. Indimenticabili a tal proposito le cene del Club nel parcheggio antistante la Moto Guzzi in occasione dei tradizionali raduni: nel 2002 tortellini in brodo; nel 2003 tagliatelle al ragù, il tutto (compreso l’ovvio seguito di portate) assolutamente in “diretta”.

Ma la loro esperienza più simbolica è quella che ha visto protagonista il coraggioso Moto Guzzi Ercole del 1967 nell’arrampicata al Passo dello Stelvio. Eccovi la descrizione di Francesco “Pasolini” Sita, presidente del club, di quella mitica avventura.

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Dopo un viaggio di trasferimento decisamente travagliato, alle ore 06,00 del 03 luglio 2004, l’Ercole partiva da Gomagoi, sotto un cielo di un azzurro incredibile, per tentare la salita al Passo dello Stelvio.

La staffetta dei soci al seguito consentiva al mitico “Lillo”, conduttore del motocarro, di affrontare i tornanti sfruttando al massimo la “potenza” e la coppia del mezzo.
Il motore girava come un orologio e il respiro del monocilindrico di Mandello, nell’aria fresca del mattino, avevo un qualcosa di umano.
Ma gli interrogativi ricorrenti erano: resisterà il motore? Abbiamo controllato tutto? L’olio si scalderà troppo? Il compianto Ing. Todero, da noi interpellato, era stato prodigo di consigli al riguardo: “se si surriscalda fermatevi nell’ansa del tornante e non spegnete assolutamente il motore, la ventola del raffreddamento forzato e i sei litri d’olio dovrebbero bastare; considerate anche che ogni mille metri di altitudine perdete il 10% di potenza”.

E invece saliva, con passo lento e regolare ma saliva, forse ce la facciamo, sarebbe un sogno.
Tornante dopo tornante scorreva il film della nostra “follia”, perchè da appassionati della favolosa salita, eravamo consapevoli che, a differenza di una qualsiasi moto, un motocarro con una potenza nominale di 18 CV e un peso a vuoto di 1.040 Kg., poteva anche arrendersi di fronte a Sua Maestà lo Stelvio.
Ma la vetta si avvicinava, d’improvviso l’idea: “e scattare una foto mentre passa al tornante numero 1 con lo sfondo del tradizionale muro di neve?”.
Detto fatto, parcheggio la mia Guzzi fuori mano e aspetto, ma trascorso un po’ di tempo, accidenti troppo tempo, con il cuore in tumulto mi affaccio al parapetto e… terrore: l’Ercole è fermo due tornanti più in basso, no! non è possibile, non è vero.

Inforco la moto e corro giù, passando a fianco dell’Ercole noto una macchia d’olio sotto la testata: maledizione, stavolta è andato, forse le valvole, il pistone o la biella? Eppure andava così bene! Mentre parcheggio uno dei ragazzi mi corre incontro trafelato: “Paso, ho visto questo saltare via dall’Ercole, sai cos’è?” Visto il pezzo, la luce dopo il buio: era il tappo per il foro del registro delle valvole e cambiare la guarnizione e riavvitarlo nella sua sede è durato lo spazio di un minuto.
Poi via e alle ore 07,30 l’Ercole è giunto sul Passo dello Stelvio a quota 2.758 metri.

Sul Passo, dopo aver spento il mezzo, che teneva un minimo invidiabile, complimenti doverosi al conducente, brindisi di rito e in giro occhi lucidi, non per il freddo pungente, ma per il sapore indescrivibile dei sogni avverati. E poi “è taché la sinfunì dla Sfitladoura” (è cominciata la sinfonia dell’affettatrice): mortadella, lambrusco, salami, bonarda, coppa, trebbiano, parmigiano, spumante, ciambella, limoncello d’Elide, grappa, brulè, in un crescendo per vivande e motori con i ragazzi di Motoguzzi.it, lo staff di Mandello del Lario e i tanti motociclisti presenti.

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Se volete seguire il club “I Amig dla Sfitladura” e il loro Moto Guzzi Ercole trovate tutte le informazioni qui: sfitladoura.xoom.it/virgiliowizard.

Per concludere, prima dei ringraziamenti per i Guzzisti della Sfitladura per averci raccontato la loro storia, il perché del nome: SFITLADOURA è il termine che veniva usato per definire l’affettatrice del salumiere (le famose Berkel rosse e cromate) e nel contempo, per un’evidente similitudine, il volano delle gloriose GUZZI monocilindriche.