Tamburini T12 Massimo: magia estrema

Una linea affilata ma compatta, una carenatura scolpita dal vento in un tripudio di carbonio e leghe speciali che nascondono soluzioni avveniristiche. Ecco a voi la T12 Massimo, l'ultima moto di Massimo Tamburini.

Tamburini T12 Massimo – Sono ormai due anni che è scomparso Massimo Tamburini, universalmente ricordato come il “Leonardo” delle due ruote sportive all’ italiana.

In questi giorni la famiglia Tamburini ha reso omaggio a Massimo presentando al mondo l’ultima moto ideata dall’ ingegnere riminese, un opera incompiuta che è stata terminata con l’aiuto del figlio Andrea e dei collaboratori storici di Massimo.

Questa moto rappresenta tutta l’essenza filosofica progettuale di Massimo Tamburini: la ricerca estrema della qualità e quel tocco di genialità accompagnata da un livello estetico assolutamente sopra le righe.

In questa chiave, Il “Massimo” denota sia il nome del progettista ma anche il livello tecnologico ed ingegneristico che sottende a questa dodicesima creazione del papà della immortale Ducati 916 e della bellissima MV Agusta F4.

A differenza di questi due modelli di serie, dove esistevano dei vincoli legati alla vendita in grande serie o intrinsechi alla identità del marchio, con la T12 Massimo, si è espresso quanto di più alto ci sia in ambito ingegneristico-sportivo cercando appunto il massimo.

Se esteticamente la moto è bellissima ed innovativa ma non ha bisogno di tanti chiarimenti per essere capita, a livello telaistico c’è molto da dire: qui troviamo un brevetto unico che la dice lunga sulle idee di Tamburini e sul modo di lavorare del maestro: una moto non è solo un’accoppiata di un gran motore e di sofisticate sospensioni, quello che fa la differenza è come si accordano le varie parti. Armonia e non banale somma.

Per spiegare meglio il brevetto è forse utile un breve preambolo: Chi di voi ha mai guidato una RG Gamma 500 sa bene che sui curvoni veloci la moto, anche se a posto, si muoveva, serpeggiava a causa di un telaio non sufficientemente rigido. Quei pochissimi che hanno guidato le prime Desmosedici da MotoGP affermavano senza problemi che il telaio a traliccio di quel bolide italiano era semplicemente troppo rigido tra le curve e da ciò la casa di Borgo Panigale si è mossa per adottare un telaio in alluminio sulle sue moto da corsa.

Questo per dire che la rigidità torsionale del telaio ha una importanza chiave nella guida di una moto ad alte velocità. Per Tamburini però non basta realizzare un telaio che sia semplicemente una via di mezzo tra il troppo rigido e il troppo morbido. Ecco allora l’idea geniale di un è il dispositivo, brevettato, che consente di variare micrometricamente la rigidezza trasversale del telaio. Questo stratagemma quindi diviene una sorta di sospensione laterale che agisce attraverso l’elasticità del telaio. Pensate che sulla T12 sarà possibile variare il valore della rigidità del telaio addirittura durante la marcia!

Sempre nell’ ottica della elasticità, il telaio, non solo è composto da più parti ma i materiali che lo compongono sono di natura differente: acciaio ad altissima resistenza per i tubi del traliccio centrale, lega di magnesio invece per cannotto, piastre, cerchi e forcellone.

Nonostante la complessità costruttiva la T12 è pensata per rendere molto facile l’accessibilità meccanica: una sola vite blocca anteriormente il gruppo serbatoio, insieme a due sganci rapidi laterali. Staccata questa, si raggiunge subito la scatola filtro con accesso diretto a cornetti telescopici ed iniettori.

Il motore della T12 Massimo è un BMW s 1000 RR di derivazione superbike con una potenza all’ albero di circa 230 CV. Se confrontate la cavalleria del propulsore con il peso a secco di appena 154,5 Kg vi rendete conto che il rapporto peso/potenza è quasi ai livelli delle attuali MotoGP con la differenza di non avere i freni in carbonio, che l’avrebbero resa una sportiva non proprio per tutti.

Questa moto è quindi sicuramente veloce in pista, anche perché il tester, un certo Luca Cadalora, è un abilissimo collaudatore oltre che grande pilota.

Inutile nasconderlo, siamo ammaliati da questo pezzo da novanta a due ruote come quando venivano svelate le Bimota del passato, la 916 e la F4. Dobbiamo però dire che fa’ uno strano effetto vedere una moto del genere nascere già orfana del suo creatore, un mezzo evolutissimo, già del futuro ma nato da un genio, purtroppo, del passato. Una sensazione agrodolce accompagna l’ultima estrema magia di Massimo Tamburini.

Mauro Di Mise: Motociclista da sempre, cresciuto a super e due tempi. Amo i motori belli con un suono appagante, ma sono anche attratto dalle nuove tecnologie.
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